L’espressione “giardinaggio selvaggio” può far venire in mente diverse cose. Sentendola, chissà quali strane idee possano balenare nella mente del giardiniere esperto. E quali altre nella testa di chi si cimenta per la prima volta nella sacra arte del giardino.
Il giardinaggio selvaggio può far pensare al “giardino fuori dalle regole, in cui vige il disordine ordinato della selvatichezza“. Come ben detto nella descrizione di uno dei corsi di gardening dal nome “Giardino selvaggio” promosso dai nostri amici di Flora2000 di Budrio. Un modo di intendere il giardino da condividere con la Natura, risparmiando tempo e mano d’opera.
La scelta delle piante da inserire all’interno della nostra zona verde è determinante. Da ciò dipende la gestione che intendiamo avere del giardino. Alcune specie, in relazione anche alla posizione del nostro spazio, necessitano di cure particolari o innaffiature frequenti.
Scegliere delle amiche verdi poco esigenti, è una scelta possibile. Mantenendo oltretutto alcuni canoni estetici.
Il giardinaggio del Mu
Il maestro dell’arte del non fare in giardino è stato Masanobu Fukuoka. Un maestro nel vero senso della parola, essendo un monaco zen, microbiologo e un provetto giardiniere. Fukuoka (1913-2008), fu autore di libri come “La rivoluzione del filo di paglia”. E fu anche uno studioso antesignano della cosiddetta “agricoltura naturale “ o del “Non fare”.
Il nucleo filosofico del pensiero e metodo di Fukuoka definito come “Agricoltura del Mu” (termine traducibile con “nessuno” o “privo di” ) – è ispirato agli insegnamenti del buddismo Zen.
Poiché in Natura tutti i processi si verificano spontaneamente, autoregolandosi, il miglior modo di curare un orto o un giardino è quindi quello del “Non fare”.
L’agricoltura del “Non fare” è quella che nutre sia il corpo che l’anima, finalizzata a coltivare il proprio sè, in armonia con i cicli naturali.
Da Fukuoka alla permacultura
Il pensiero di Fukuoka ha ispirato nel tempo altri studiosi. Questi hanno poi adattato il suo metodo nel tempo e nello spazio. A partire dal lavoro del maestro giapponese e dalla sua filosofia negli anni ’80, infatti, la spagnola Emilia Hazelip ha sviluppato per gli orti l’agricoltura sinergica, un metodo più adatto al clima mediterraneo.
Quello di cui abbiamo appena parlato è un metodo che s’innesta nel filone della permacoltura e permette al suolo coltivato di preservarsi selvaggio, fertile e sano, attraverso un accurato lavoro di pianificazione.
Per chi non conoscesse il termine permacoltura, si tratta di un “Metodo di coltivazione che, sulla base di principi e strategie ecologiche, permette di progettare insediamenti agricoli simili agli ecosistemi naturali, e quindi in grado di mantenersi autonomamente e di rinnovarsi con un basso impiego di energia“.
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