Come sono nati i Community Gardens di Firenze?Dal 2010 ero alla ricerca di uno spazio urbano dove potere sviluppare un progetto di recupero ambientale metropolitano, creando un Community Garden. Ero affascinato da questa idea e mi misi a studiare varie esperienze internazionali per capire i punti di forza e debolezza dei vari casi. Sognavo all’idea di crearne uno che potesse avere le eccellenze di tutti e magari qualche miglioria o innovazione. Pertanto mi attaccai a Google Earth e Google map alla ricerca dall’alto di spazi che potessero essere idonei a questo progetto. Ne trovai diversi appetibili, ma quando incappai in quello che poi è diventato Orti Dipinti, me ne innamorai immediatamente e concentrai solo su quello spazio il tempo, le risorse e le idee.
È stata recuperata un’area dove sorgeva una ex-pista di atletica…La pista di atletica era in uso alla cooperativa Gaetano Barberi, che gestisce attività ricreative per ragazzi con difficoltà. In realtà, avendo aule e stanze per queste attività, non usavano molto quello spazio aperto, che quindi era in un certo senso abbandonato a se stesso. Andai da loro e gli spiegai la mia idea, che piacque subito. Mancavano però i soldi, per cui creai un progetto con tanto di rendering e presentazioni per raccontare al meglio questa idea e trovare più facilmente sponsor. Cosa che appunto accadde, ma con tempi lunghi.
Orti Dipinti è come un iceberg: la cui punta visibile è il giardino, ma quello che sta sotto è molto più grande e comprende tantissimi aspetti che via via stanno nascendo
Qual è la tua storia?Io ho 39 anni, sono un architetto nato a Bologna e lì ho vissuto fino a quando mi sono trasferito a Firenze -venti anni fa oramai- per studiare. Nella vita, da quando sono laureato, ho lavorato nella fotografia, nella video-animazione in Stopmotion o “a passo uno”, nel design, nell’insegnamento e nella consulenza verde, diciamo, soprattuto di recente. Sono padre di uno splendido bimbo di 3 anni e mezzo, di nome Pietro e vivo felicemente questo sogno che si sta avverando, e che sto trasformando piano piano nella professione appunto dei sogni.
Voi coltivate piante bio e utilizzate un antico sistema di irrigazione con anfore di terracotta. Ci parli della sub-irrigazione?La sub-irrigazione è un sistema di idratazione del terreno molto diverso da quello che di solito usiamo per fare crescere le piante. Quando, infatti, innaffiamo in maniera tradizionale, a lungo andare compattiamo il terreno, facendogli piano piano perdere areosità e nutrimento. L’acqua spesso percola in profondità senza umidificare tutto il terreno dove si sviluppano le radici, portando via con sé preziosi nutrimenti per la pianta. L’ampolla interrata è uno dei tanti sistemi che si possono adottare per sub-irrigare le piante, è molto antico ma ancora sconosciuto, soprattutto in Europa. Dal momento che fa risparmiare fino al settantacinque percento di acqua e molto tempo perché le ampolle si riempiono ogni dieci giorni di media. Risulta essere assai interessante anche perché la continua idratazione del terreno rende la crescita dei vegetali molto efficiente. Abbiamo confrontato diverse varietà di piante con e senza le ampolle e il risultato ci ha convinto in pieno a cambiare radicalmente anche il modo di pensare, oltre che di irrigare.
Dove reperite le piante e i sementi?Le piante sono offerte dal vivaio Ortofruttifero Giovani Piantine, che ci ha donato più di un migliaio di piante orticole biologiche di altissima qualità. Oltre a diverse specie di aromatiche e ortaggi di stagione di ogni tipo, ci riforniscono anche di erbe spontanee. Ora stiamo coltivando Strigolo e Sanguisorba (o Selvestrella) con cui ogni settimana riforniamo le cucine del Four Seasons Hotel, nostro partner d’eccellenza in questo progetto. Abbiamo fatto anche un semenzaio dove coltiviamo semi biologici selezionati comprati o scambiati con contadini. A volte dei volontari comprano piantine o cittadini ne portano altre col tentativo di farle resuscitare, in questo senso il community Garden diventa una specie di ospedale per vegetali. Abbiamo intenzione di continuare a recuperare semi particolari di cultivar antiche, rare, speciali e ovviamente biologiche.
L’iniziativa ha riscosso successo tra i cittadini di Firenze? Chi partecipa? Grandi, piccoli, giovani, pensionati?La reazione dei cittadini è stata la vera bella sorpresa di questa esperienza. Per quanto si potesse immaginare lo spazio dal punto di vista architettonico, era ben più difficile prevedere come avrebbero reagito i cittadini. Oggi sono tutti entusiasti e sembrano pronti per fruire di spazi di questo tipo. Intendo dire che c’è una grande domanda sia per partecipare che per imparare una nuova consapevolezza alimentare e il desiderio di riappropriarsi della sovranità alimentare con la natura fra le mani è molto forte in questo periodo. La partecipazione è di tutti indistintamente dall’età, classe sociale, cultura o lingua. È davvero un melting pot che unisce diversi gruppi sociali: con la scusa della coltivazione delle piante, si coltiva soprattutto lo spirito. Vedere giocare e collaborare studenti americani, disabili, turisti e cittadini ha un valore intrinseco sociale di alto livello.
Raccontaci le attività che portate avanti con la vostra associazioneLe attività sono di tanti tipi, legate ai temi della sostenibilità, del giardinaggio, del riuso, passando per l’alimentazione corretta, la convivialità, fino all’apprendimento. Abbiamo intenzione di fare brunch e aperitivi durante eventi di varia natura come conferenze, laboratori, musica, danza, proiezioni, a cui tutti sono invitati a partecipare.
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