Stiamo parlando di Damiano Biscossi, ex direttore commerciale di una grande multinazionale che nel 2012 decide di tagliare con la vecchia vita per intraprendere tutto un altro cammino. Quello in cui ora sta concentrando fatiche ed energia è il donkey project, un’associazione che promuove in tutta Italia l’utilizzo dell’asino e il rapporto con la natura come fattori di benessere individuale e sociale. In particolar modo la onoterapia è rivolta a bambini autistici o con problematiche di disabilità, tuttavia -nella società della cementificazione e della virtualità- è un toccasana per tutti i bambini, ormai troppo scollegati dalla natura e dalle nostre radici.

ALLA FINE DELL’ARTICOLO TROVATE LE IMMAGINI DEGLI ASINELLI A LAVORO

Domanda inevitabile: perché questo cambio di rotta così radicale?

“Ero disagiato io per primo. Quella vita aveva reciso i miei contatti con la realtà, ero sempre in viaggio e lontano dalla mia famiglia. Avevo una casa e non ci sono mai stato, non volevo neppure comprare la cucina. Che senso ha spendere 20mila euro, mi chiedevo, per una cosa che neppure utilizzo? La mia scelta non l’ho fatta per recuperare tempo, perché è impossibile, ma per ricostruire dalle macerie e recuperare i rapporti. Adesso la mia ex moglie Carla Biancolella mi affianca in questa avventura.

Perché puntare tutto sull’asino?

L’asino sembra l’animale perfetto: tranquillo, socievole, contiene -insomma-sta. E’ un animale che non fugge davanti al pericolo o alle difficoltà e ti rimanda immediatamente se c’è qualcosa che non va. Mentre l’asino si impunta, il cavallo fugge davanti al pericolo. Per fare un esempio qualche giorno fa un bambino ha tirato un sasso all’asino. Non c’è da stupirsi perché succede che inizialmente i ragazzi tendono a cacciare l’animale, poco dopo però trovano un equilibrio e ci parlano. Sono 14 anni che mi occupo della  socializzazione attraverso questo metodo. Mentre nella “Fattoria di Chiara e Arianna” (è qui che stiamo svolgendo l’intervista, ndr) sono quasi 4 anni che mi dedico al donkey project. Fino al 2012, effettuando ancora la professione di direttore commerciale, ero quasi costretto a tenere in ombra quest’attività, adesso mi dedico ad essa totalmente.

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In che modo il contatto con la natura e gli animali aiuta questi bambini?

In genere i bambini, in special modo quelli con alcune problematiche, sono costantemente assistiti. Venendo in fattoria i ruoli si capovolgono: sono loro che si prendono cura degli animali. C’è la processione per dare da mangiare ai conigli o agli asini, per spazzolarli e accarezzarli. Poi ci sono tutta una serie di attività utili ad estrinsecare la personalità dei ragazzi e a metterli davanti ai propri limiti e paure. Per alcuni di loro ad esempio allestisco brevi percorsi ginnici, li metto su passerelle e il bimbo se la deve cavare da solo. Li osserviamo, guardiamo reazioni e comportamenti.  Poi è importantissimo lavorare sul contesto: spesso le necessità che il bambino ti porta sono quelle della famiglia.

Ma “La fattoria di Chiara e Arianna” e il donkey project sono aperti a tutti?

All’ingresso abbiamo un’insegna: c’è posto per tutti. Ospitiamo anche intere scolaresche e i nuclei familiari che hanno voglia di integrarsi e socializzare. Tutti i bambini hanno bisogno di ampi spazi, di correre, respirare aria pulita e ritrovare le origini legate alla terra. Per ora offriamo il servizio a 35 famiglie. Come dicevamo il fine è l’integrazione dunque sono tutti inclusi: le nostre attività prevedono una piccola retta, offriamo mezz’ora di prova gratuita per illustrare le attività e capire le esigenze del bambino. Chi non può permetterselo non paga nulla, ripeto: qui c’è posto per tutti.

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